Bello. Uffa. Di nuovo.
Sembra
di vivere in un eterno Carnevale con i media ormai travolti dalle
prossime elezioni. E con la vita che corre e corre così che davvero
pensiamo, alla fine, di essere le maschere che quotidianamente
indossiamo.
Benedetta
Quaresima, allora, se riesce in qualche modo a darci uno schiaffo. A
scuoterci. A rompere il mare di ghiaccio che è in noi. A farci alzare lo
sguardo. Ad accorgerci di avere un’anima. A volare più in alto di
quanto ci siamo rassegnati a fare.
Entriamo nel deserto, allora.
Quello raccontato dalla Bibbia.
Luogo
di tentazione, di fatica, di prove estreme. Che tira fuori tutto ciò
che siamo, nel bene e nel male. E non c’è bisogno di andarserlo a
cercare, il deserto, ci attornia, ci assedia, anche se è fatto da strade
trafficate e da mille stimoli e sollecitazioni. Ma il deserto, per
Israele, è anche il luogo dell’innamoramento, dell’essenzialità, dei
tramonti infuocati, delle tavole della Legge. Di tutta la luce che
possiamo incontrare.
Fatica e luca. Pena e gioia. Esattamente ciò che viviamo.
La stessa realtà, la stessa vita, lo stesso deserto può diventare esperienza di pena infinita o apertura alla pienezza di luce.
La Quaresima ci aiuta a vivere un’esperienza di radicale conversione.
Imitando il cammino di Gesù.
Marco
L’evangelista Marco lascia poco spazio alle tentazioni di Gesù.
Diversamente
da Matteo e da Luca non si dilunga nei dettagli, non cede alla
descrizione, all’approfondimento. In pochi versetti liquida la faccenda
ma non per distrazione o superficialità.
Piuttosto per eccesso di sintesi teologica.
E subito lo Spirito lo sospinse nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana.
Non
è una cosa necessariamente negativa il deserto, dicevamo. A volte è lo
Spirito a spingerci. Ci spinge perché non abbiamo tanta voglia di vivere
nel deserto, perché preferiamo vivere nello stordimento della città.
Fatichiamo a prenderci del tempo per stare da soli, ci spaventa il
silenzio, forse e soprattutto perché nessuno ci ha mai insegnato ad
abitarlo, a farlo fiorire.
E
ci spaventa soprattutto il deserto che è la prova, la sete, la
solitudine negativa, quella di chi si è perso. Ingenuamente immaginiamo
che una vita realizzata sia una vita senza contrasti, senza incidenti,
senza dolore.
A volte è lo Spirito a spingerci ad abitare il deserto. Il dolore, allora, diventa opportunità per andare all’essenziale.
E
Gesù resta nel deserto, quaranta giorni come quaranta furono gli anni
trascorsi da Israele a vagare nel Sinai prima di imparare a diventare un
popolo libero. Solidale da subito. Niente sconti, niente privilegi.
Anche Gesù ha dovuto affrontare le sue ombre.
Tentazioni, le chiama il Vangelo. cioè scelte, discernimento, capire cosa distrugge e cosa costruisce.
Non siamo soli a farlo.
Il nuovo Adamo
Pochi versetti che dicono molto.
Non
soltanto Gesù non fugge il deserto ma asseconda lo Spirito. E, come
noi, si lascia tentare. Fatica. Lotta. Matteo e Luca ci diranno che lo
fa meditando la Parola e interpretandola nella giusta luce.
In quel deserto accade qualcosa di incredibile:
Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano.
Gesù
sta con le bestie selvatiche in assoluta armonia. Come san Gerolamo con
il leone. O san Francesco con il lupo. È il nuovo Adamo, l’uomo
risvegliato, l’uomo in piena armonia col creato, col cosmo, con le altre
creature.
Se
nel deserto, sospinti dallo Spirito, sappiamo superare le tentazioni,
fare le scelte giuste, orientarci all’essenziale, verso Dio, recuperiamo
il nostro rapporto primigenio, originario, col Cosmo. Non più
dominatori o nemici, ma in profonda armonia con tutti e con tutto.
E
se vogliamo insistere, se le bestie selvatiche, in qualche modo, per
allegoria, rappresentano le nostre paure profonde, nel deserto, con
Cristo, riusciamo a convivere anche con esse.
Di più.
Angeli
Secondo
la tradizione biblica quando Adamo ed Eva vennero cacciati dall’Eden
Dio mise alla porta del giardino degli angeli di guardia, per impedire
che rientrassero. L’umano, prima, doveva imparare ad usare bene la
libertà, straordinario dono di Dio.
Ora
anche gli angeli si sono riconciliati con gli uomini. E li servono. Ci
servono per aiutarci a recuperare la nostra dimensione originaria.
Ecco
delineato il percorso da fare. Lasciarci spingere nel deserto dallo
Spirito, come ha fatto Gesù, affrontare senza paura le tentazioni per
recuperare in noi l’immagine del nuovo Adamo che è il Signore.
Per
avere il cuore libero di accogliere il messaggio che il tempo è
compiuto e il Regno si è avvicinato. Convertiamoci e crediamo al
Vangelo.
Buon cammino.
(commento di Paolo Curtaz)
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