
Forse
è bene che in due righe mi presenti. Sono un ex sacerdote in attesa
di riceve la dispensa e attualmente insegno religione. Ho trovato
interessantissimo il testo del papa. Mi ha aperto diverse riflessioni
a riguardo delle unioni cosiddette regolari, degli omosessuali,
dell’amore dei giovani... Credo che la strada giusta da prendere
sia quella che ogni giorno ci consegna papa Francesco. Ascoltare i
segni dei tempi e non avere paura di cambiare. L’importante è
capire perché si cambia e andare avanti con coraggio e fra le mani
il Vangelo. Il Vangelo che innanzitutto è misericordia. Ecco
un’altra parola chiave: misericordia. È il sostegno che ho sentito
dalla “madre” Chiesa nel mio periodo di crisi e nel momento
difficilissimo della scelta mia personale. La Chiesa nei momenti
terribili – dove non c’era una crisi di fede ma una crisi
esistenziale in corso – mi è stata vicina, mi è stata di grande
conforto.
E
con questa Esortazione sento che si sta avvicinando sempre di più
alle famiglie, alle coppie ferite. Ho provato a pensare quando
anch’io accompagnavo le coppie al matrimonio o in situazioni
difficili. Cosa mi veniva chiesto? Di amare, solo questo:
accompagnare e amare senza giudicare. Senza mettere davanti le leggi
e i decreti e tutto quello che pone muri. Utilizzare la capacità di
un padre o di una madre veri che richiamano i loro figli. In questo
respiro che vorrei trasmettere ci sta il respiro di sollievo di chi
non è con l'acqua alla gola, ma di chi è aiutato, sostenuto, non
abbandonato. L’impressione è che i sacerdoti abbiano abbandonato
la pratica di accompagnare al matrimonio le giovani coppie e si
occupino solo dei documenti. Il prete invece è l’uomo delle
relazioni, non l’uomo delle documentazioni.
Ho
trovato una piccola sintesi dell’esortazione e l’ho proposta a
scuola agli studenti più grandi; ho risparmiato loro la lettura
completa del testo. Il mio stupore c'è stato quando hanno iniziato a
farmi domande precise sulle situazione dei loro genitori – quelle
cosiddette “irregolari” –, sulla sessualità e sulle altre
tematiche. Si sono aperte discussioni in classe ed è stato molto
arricchente per me e per loro, innanzitutto per conoscerci e per
riflettere alla luce del Vangelo e dei documenti che la Chiesa ci
dona.
Mi
è capitato di sentire questo racconto in un convegno. È un apologo
di Kierkegaard.
«La
storiella è interessante. Narra come un circo viaggiante in
Danimarca fosse un giorno caduto in preda ad un incendio. Ancora
mentre da esso si levavano le fiamme, il direttore mandò il clown
già abbigliato per la recita a chiamare aiuto nel villaggio vicino,
oltretutto anche perché c’era pericolo che il fuoco, propagandosi
attraverso i campi da poco mietuti e quindi aridi, s’appiccasse
anche al villaggio. Il clown corse affannato al villaggio,
supplicando i paesani ad accorrere al circo in fiamme, per dare una
mano a spegnere l’incendio. Ma essi presero le grida del pagliaccio
unicamente per un astutissimo trucco del mestiere, tendente ad
attrarre la più gran quantità possibile di gente alla
rappresentazione; per cui lo applaudivano, ridendo sino alle lacrime.
Il povero clown aveva più voglia di piangere che di ridere; e
tentava inutilmente di scongiurare gli uomini ad andare, spiegando
loro che non si trattava affatto d’una finzione, d’un trucco,
bensì d’una amara realtà, giacché il circo stava bruciando per
davvero. Il suo pianto non faceva altro che intensificare le risate:
si trovava che egli recitava la sua parte in maniera stupenda … La
commedia continuò così, finche il fuoco s’appiccò realmente al
villaggio, ed ogni aiuto giunse troppo tardi: sicché villaggio e
circo andarono entrambi distrutti dalle fiamme».
È
un esempio lucidissimo di come anche oggi si possa sentire ogni
cristiano che sul lavoro, in famiglia e a scuola tenta di
“testimoniare” il suo essere
cristiano.
Quasi sempre i suoi risultati sono scarsi. Non è questione di
vestito di scena o meno, di trucco o non trucco. Il cristiano può
semplicemente testimoniare chi è veramente con la sua vita, con
quello che fa e che dice ogni giorno.
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