martedì 12 luglio 2016

Amoris Laetitia, respiro per la Chiesa

Il giorno in cui hanno pubblicato l’Esortazione Apostolica di papa Francesco ho seguito oralmente la presentazione del cardinale Schönborn e ho sentito dietro alle sue parole, alla sua lettura personale dell’esortazione, un respiro. Sì, un respiro di Chiesa che non sta arroccata dietro a delle leggi, al magistero, ma anzi, parte dal magistero per incontrare le persone. Incontra le persone e ne cura le ferite, proprio come papa Francesco dice.
Forse è bene che in due righe mi presenti. Sono un ex sacerdote in attesa di riceve la dispensa e attualmente insegno religione. Ho trovato interessantissimo il testo del papa. Mi ha aperto diverse riflessioni a riguardo delle unioni cosiddette regolari, degli omosessuali, dell’amore dei giovani... Credo che la strada giusta da prendere sia quella che ogni giorno ci consegna papa Francesco. Ascoltare i segni dei tempi e non avere paura di cambiare. L’importante è capire perché si cambia e andare avanti con coraggio e fra le mani il Vangelo. Il Vangelo che innanzitutto è misericordia. Ecco un’altra parola chiave: misericordia. È il sostegno che ho sentito dalla “madre” Chiesa nel mio periodo di crisi e nel momento difficilissimo della scelta mia personale. La Chiesa nei momenti terribili – dove non c’era una crisi di fede ma una crisi esistenziale in corso – mi è stata vicina, mi è stata di grande conforto.
E con questa Esortazione sento che si sta avvicinando sempre di più alle famiglie, alle coppie ferite. Ho provato a pensare quando anch’io accompagnavo le coppie al matrimonio o in situazioni difficili. Cosa mi veniva chiesto? Di amare, solo questo: accompagnare e amare senza giudicare. Senza mettere davanti le leggi e i decreti e tutto quello che pone muri. Utilizzare la capacità di un padre o di una madre veri che richiamano i loro figli. In questo respiro che vorrei trasmettere ci sta il respiro di sollievo di chi non è con l'acqua alla gola, ma di chi è aiutato, sostenuto, non abbandonato. L’impressione è che i sacerdoti abbiano abbandonato la pratica di accompagnare al matrimonio le giovani coppie e si occupino solo dei documenti. Il prete invece è l’uomo delle relazioni, non l’uomo delle documentazioni.
Ho trovato una piccola sintesi dell’esortazione e l’ho proposta a scuola agli studenti più grandi; ho risparmiato loro la lettura completa del testo. Il mio stupore c'è stato quando hanno iniziato a farmi domande precise sulle situazione dei loro genitori – quelle cosiddette “irregolari” –, sulla sessualità e sulle altre tematiche. Si sono aperte discussioni in classe ed è stato molto arricchente per me e per loro, innanzitutto per conoscerci e per riflettere alla luce del Vangelo e dei documenti che la Chiesa ci dona.
Mi è capitato di sentire questo racconto in un convegno. È un apologo di Kierkegaard.
«La storiella è interessante. Narra come un circo viaggiante in Danimarca fosse un giorno caduto in preda ad un incendio. Ancora mentre da esso si levavano le fiamme, il direttore mandò il clown già abbigliato per la recita a chiamare aiuto nel villaggio vicino, oltretutto anche perché c’era pericolo che il fuoco, propagandosi attraverso i campi da poco mietuti e quindi aridi, s’appiccasse anche al villaggio. Il clown corse affannato al villaggio, supplicando i paesani ad accorrere al circo in fiamme, per dare una mano a spegnere l’incendio. Ma essi presero le grida del pagliaccio unicamente per un astutissimo trucco del mestiere, tendente ad attrarre la più gran quantità possibile di gente alla rappresentazione; per cui lo applaudivano, ridendo sino alle lacrime. Il povero clown aveva più voglia di piangere che di ridere; e tentava inutilmente di scongiurare gli uomini ad andare, spiegando loro che non si trattava affatto d’una finzione, d’un trucco, bensì d’una amara realtà, giacché il circo stava bruciando per davvero. Il suo pianto non faceva altro che intensificare le risate: si trovava che egli recitava la sua parte in maniera stupenda … La commedia continuò così, finche il fuoco s’appiccò realmente al villaggio, ed ogni aiuto giunse troppo tardi: sicché villaggio e circo andarono entrambi distrutti dalle fiamme».
È un esempio lucidissimo di come anche oggi si possa sentire ogni cristiano che sul lavoro, in famiglia e a scuola tenta di “testimoniare” il suo essere cristiano. Quasi sempre i suoi risultati sono scarsi. Non è questione di vestito di scena o meno, di trucco o non trucco. Il cristiano può semplicemente testimoniare chi è veramente con la sua vita, con quello che fa e che dice ogni giorno.




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